lunedì 5 febbraio 2007

II. La politica di ieri e ... di oggi




Il cittadino romano che voleva percorrere la carriera politica doveva seguire un determinato ordine chiamato cursus honorus: dopo aver servito dieci anni nell'esercito poteva presentarsi candidato alle cariche nelle seguenti successioni: questura, edilità, curule, pretura, consolato; e poiché fra le varie cariche dovevano intercorrere due anni di intervallo, non si poteva essere console prima dei trentasette anni. Silla, nella sua riforma, spostò a trent'anni l'inizio del cursus in modo che il consolato non poteva essere occupato prima dei quarantatré anni. Il tribunato e la censura non facevano parte del cursus honorum e perciò non erano computati nell'età richiesta per occupare le altre cariche. Oltre alla carriera senatoria un giovane poteva aspirare a carriere più modeste che conducevano a magistrature di minor conto come quella dei decemviri stlitibus iudicandis, specie di giudici, dei tresviri monetales, che si occupavano del conio delle monete e ad altre ancora tutte elette dai comizi tributi.
Cursus Honorum: la carriera politica di un magistrato non poteva essere fermata deponendolo dalla carica prima che scadesse il tempo stabilito per la sua durata e, sebbene potesse essere processato per comportamento illecito, ciò in pratica non accadeva mai. Uscito però di carica, il magistrato tornava ad essere un cittadino qualunque e poteva quindi essere chiamato in tribunale a rendere conto di quanto aveva operato durante la carica. Ogni magistrato, pertanto, era ritenuto responsabile degli atti compiuti nella carica. Le magistrature si distinguevano, abitualmente, in:Magistrature con imperium e senza imperium, in base alla quale, colui che ne era investito, avesse o meno la facoltà di imporre l'esecuzione di ordini sia nel campo civile che in quello militare. Erano, pertanto, magistrati con imperium il console, il pretore, il dittatore, il comandante della cavalleria (magister equitem). Erano magistrati senza imperium il censore, il tribuno, l'edile, il questore. Si distinguevano, ancora, in magistrature maggiori e minori secondo le quali il magistrato aveva la facoltà di trarre gli auspicia maiora o minora: si chiamavano maiora gli auspici che si prendevano osservando il volo degli uccelli in un tratto delimitato di cielo (templum), minora gli altri. Gli auspicia maiora erano propri delle cariche con imperium e potevano essere tratti ovunque, gli auspicia minora spettavano alle altre cariche e si potevano trarre solo a Roma. I magistrati censori, pur appartenendo la loro carica a una magistratura senza imperium, avevano diritto agli auspicia maioria. Il diritto degli auspici non riguardava solo la religione, ma in modo particolare anche la politica perché una irregolarità commessa in tale materia poteva comportare la sospensione o l'annullamento dell'azione del magistrato.
Curuli e non curuli: secondo le quali il magistrato poteva sedere o meno sulla sella curulis, poltrona intarsiata di avorio, che ricordava il currus o carro reale di cui al tempo della monarchia facevano uso i re. I magistrati non curuli sedevano su un semplice sgabello (subsellium). Erano magistrati curuli quelli forniti di imperium e con diritto degli auspicia maiora, non curuli gli altri. I magistrati curuli portavano nei giorni comuni una toga orlata da una striscia di porpora (toga praetexta) che era indossata anche dai bambini, mentre nei giorni festivi indossavano una toga tutta di porpora; gli altri magistrati non portavano nessun distintivo particolare. Infine, le magistrature si distinguevano in straordinarie e ordinarie. Erano magistrati straordinari il dittatore con il maestro di cavalleria, ordinari tutti gli altri. I consoli, i pretori e i dittatori in quanto occupavano cariche con imperium si facevano precedere da littori portanti fasci di verghe con la scure, quali simboli del potere; i consoli erano preceduti da dodici littori, i pretori da due in Roma e da sei fuori; i dittatori da ventiquattro.
Consolato: il consolato era la più alta carica, della repubblica e costituiva la meta suprema della carriera politica di un cittadino romano (cuirite). Uno degli onori più ambiti che essa comportava era quello di dare il proprio nome all'anno (eponimia). I romani, infatti, pur contando gli anni della loro storia dalla formazione di Roma preferivano indicare la data dei singoli avvenimenti col nome dei cittadini che in quell'anno rivestivano la carica di consoli. Ma a parte l'onore dell'eponimia, la carica di console nell'antica Roma comportava contemporaneamente I poteri propri di un capo di stato e di un capo di governo, poteri paragonabili a quelli che nella nostra epoca ha il capo di una repubblica presidenziale, con la differenza, però, che i poteri del console erano limitati alla durata di un anno e dovevano essere condivisi con un collega essendo l'annualità e la collegialità, come abbiamo visto, una caratteristica generale delle magistrature romane; non ripresa da nessuna democrazia attuale.
Proconsole: il magistrato al quale, dopo aver rivestito la carica di console, veniva prorogato l'incarico per il governo o il comando militare di una provincia. Tale proroga (prorogatio imperii), dapprima annuale, divenne di durata più ampia e in seguito a tempo indeterminato; normalmente ai proconsoli venivano concesse due tra le più importanti province dell'impero. Il proconsolato costituì così uno degli strumenti più determinanti nel processo di affermazione del potere personale in età tardo-repubblicana, di cui si servirono personaggi come Pompeo, Cesare e Ottaviano. Oltre che dagli ex consoli, il proconsolato venne rivestito anche dagli ex pretori, con poteri analoghi nelle province a quelli degli ex consoli. Con l'impero, nella suddivisione amministrativa tra province imperiali e province senatorie, ai proconsoli furono attribuite queste ultime.
Segue...

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